DIETA MEDITERRANEA
Daniela Portoghese
Il Prof. Emanuele Giordano ha gentilmente relazionato per il mio sito sulla dieta Mediterranea.
Poco tempo fa abbiamo avuto un confronto (in realtà lui è anni luce avanti a me) sui diversi “stili” alimentari e mi ha fatto notare come ci sia una distorsione interpretativa in merito alla suddetta dieta.
Questa relazione rappresenta un conciso chiarimento a quella che era la mia disinformazione e alla scorretta divulgazione in merito a questa tipologia di alimentazione, partendo dallo storico della Mediterranea.
Prof. Emanuele Giordano
Dopo la seconda guerra mondiale (1948), alcuni scienziati della Rockfeller Foudation decisero di studiare la popolazione dell’isola di Creta, per verificare lo stato di salute della popolazione locale e per studiare quanto l’alimentazione e lo stile di vita potessero avere un ruolo sul benessere o l’insorgenza di malattie cardiovascolari e tumori. In seguito verso la metà degli anni 50, il dott Ancel Keys descrisse i suoi studi e la sua teoria sulla relazione tra alimenti e aterosclerosi all’OMS e successivamente si trasferì in Italia organizzando con un gruppo di collaboratori quello che è rimasto noto come Seven Countries Study, approfondendo lo stile di vita e l’alimentazione di tutte le popolazioni che si affacciavano sul Mediterraneo.
Dalle osservazioni fatte da Keys, Anderson e Grande (1965) emerse l’ipotesi lipidica, secondo la quale un alimentazione carica di grassi saturi e colesterolo poteva essere causa di patologie aterosclerotiche. L’alimentazione dei popoli mediterranei, da cui si ricavò l’espressione Dieta Mediterranea, si distingueva per la bassa incidenza di malattie cardiovascolari, infiammatorie e tumorali, ed era caratterizzata da alcune costanti alimentari in tutti i popoli del mediterraneo: elevato consumo di verdure, frutta, legumi e di cereali fatti con farine grezze ed integrali apportanti molte fibre, pane a lievitazione naturale, abbondanti quantità di olio di oliva, rappresentando quasi l’unico grasso aggiunto, consumo misurato di formaggi, latte e derivati, basso consumo di carne e prodotti derivati, preferenza per il pesce azzurro, consumo limitato di vino e da non trascurare un’attività fisica adeguata rispetto all’introito calorico, con molto lavoro fisico manuale e uno stile di vita poco industrializzato e stressante. Lo stesso Ancel Keys continuò per tutta la sua vita a rivedere e controllare il Seven Countries Study, eseguendo follow-up periodici dello studio. Nel 2004 sulla prestigiosa rivista Public Healt Nutrition uscì un editoriale del direttore Jeoffry Cannon, nello stesso anno in cui morì Keys, dove si affermava che Keys aveva trascurato un fattore dal suo studio che non poteva essere considerato irrilevante e cioè l’abitudine presente ancora oggi presso gli abitanti di alcune zone locali-agricole della Grecia, di praticare periodici digiuni in osservanza ai precetti della Chiesa Ortodossa greca. Nell’articolo di Cannon veniva citata la dott.ssa Katerina Sarri, ricercatrice cretese, la quale si fece sentire nel 2005 con una comunicazione al direttore del Pubbic Healt Nutrition, raccontando di essere andata a trovare il Prof. Christos Avannis, il quale durante lo studio Seven Countrie Study era stato il responsabile dei ricercatori greci che collaborarono allo studio, per domandargli quanti tra i partecipanti greci allo studio Seven Countries, avevano seguito in quell’epoca i precetti della Chiesa Ortodossa. La risposta fu che almeno il 60% dei soggetti partecipanti seguivano periodici digiuni. Oggi, quindi, alcuni ricercatori pensano che andrebbero riviste le conclusioni sulla dieta mediterranea, considerando sì il ruolo protettivo e salutare di olio di oliva, legumi, frutta e verdura, ma riconsiderando anche il ruolo salutare di pratiche periodiche di digiuno. D’altra parte oggi la letteratura scientifica si è arricchita di nuovi dati circa un ruolo benefico della restrizione calorica e dell’alternanza tra periodi a basse calorie o digiuno e periodi di ipernutrizione, pratiche note anche come Digiuno Intermittente, oggi praticate anche proficuamente da atleti. E’ bene precisare che nella vera dieta mediterranea, i cereali consumati erano praticamente sempre integrali, fatti con semola di grano duro, con farine non macinate finemente ma grezze, e che le quantità consumate erano consistenti perché in relazione a molto lavoro manuale e fisico e quindi ecco da qui spiegabile le differenze odierne nell’applicazione non corretta della dieta mediterranea quando rappresentata oggi dal consumo di farine bianche macinate finemente e da consumi troppo elevati rispetto all’entità della attività motoria, oggi molto ridotta nella maggioranza della popolazione, spesso troppo sedentaria, per non parlare dell’enorme consumo di zuccheri semplici e liquidi spesso consumati e presenti in molti cibi e bevande di produzione industriale e cibo spazzatura.